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Carlo Verdone: 5 migliori film per i 75 anni di un’icona italiana

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Carlo Verdone è stato e continua a essere un monumento vivente della nostra pop culture, in virtù della sua capacità di essere trasversale, di aver occupato un posto di privilegio nel nostro immaginario quando, dall’inizio degli anni ‘80, tra cinema, televisione, cabaret, cominciò a imporsi. 

Oggi sono 75 anni per Carlo, un artista unico, fertilissimo, connesso non solo alla commedia all’italiana, ma più ancora alla sua evoluzione, a una volontà di parlarci della vita in modo profondo, reale, agrodolce. Ci ha donato autentici capolavori, film che hanno impattato la nostra vita, il nostro modo di esprimerci e parlare anche. 

Ecco allora che questa Top 5 diventa un modo per ripercorrere il suo percorso e anche il nostro, che da 40 anni grazie a lui piangiamo, ridiamo, riflettiamo su chi siamo, su quanto è incasinato essere italiani e bello esserlo. 

Carlo Verdone: 5 film per i 75 anni di un’icona

“Borotalco” (1982)

Se dovessi indicare il film che rappresenta la summa della visione cinematografica di Carlo Verdone, così particolare, così ambivalente e meravigliosamente ambigua, non avrei dubbi: “Borotalco”. In quell’inizio di anni ‘80, Carlo Verdone assieme a Enrico Oldoini scrive e dirige una commedia magnifica, geniale per profondità, evoluzione e tematiche. 

Sergio (Carlo Verdone) e Nadia (Eleonora Giorgi), due venditori di enciclopedie porta a porta, sono divisi da tutto, ivi compreso il successo e la personalità. L’incontro fortuito di Sergio col faccendiere Manuel Fantoni (Angelo Infanti) e il conseguente arresto, offriranno la possibilità a Sergio di impersonarlo, spacciarsi uomo di mondo, un’amicizia di Lucio Dalla per conquistare Nadia. 

“Borotalco” è un capolavoro del genere, lo è davvero. La definizione dei personaggi, il loro connettersi a sogni, aspirazioni e miraggi, diventano nelle mani di Verdone una metafora di quell’Italia da bere degli anni ’80, pronta a diventare yuppie, superficiale, consumista e bugiarda. Ricco di momenti iconici, con una chimica straordinaria tra Giorgi e Verdone, e con una colonna sonora di Dalla e degli Stadio magnifica, questa commedia agrodolce, amara ma mai veramente cinica, e con un finale geniale, è uno dei più grandi regali che Carlo Verdone ci abbia fatto.

“Bianco, rosso e Verdone” (1981)

Semplicemente un pezzo della nostra anima di spettatori. Dopo il bellissimo “Un sacco bello”, che l’aveva lanciato dal piccolo schermo, Carlo Verdone, sotto l’ala protettrice di Sergio Leone, crea un continuum (ma non un sequel) del suo capitolo precedente e con Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi crea un road movie grottesco, parodistico e feroce. 

“Bianco, rosso e Verdone” è un viaggio nell’Italia che è uscita dagli anni ‘70 e cerca di capirci qualcosa in quel decennio, diviso in tre episodi in cui Verdone interpreta tre personaggi diventati leggendari: il goffo e sfigatissimo emgirato di ritorno Pasquale Amitrano, il logorroico e insopportabile borghesetto Furio Zoccano e l’ingenuo Mimmo, che accompagna a votare la burbera Nonna. Carlo Verdone crea un road movie dove la ricerca di un senso in questo paese e i suoi abitanti è mera chimera, una condanna sarcastica dei nostri difetti, della nostra incapacità di non essere mammoni, infantili, egoriferiti. 

Connesso alla bandiera italiana con i tre modelli di FIAT guidati dai tre personaggi, “Bianco, rosso e Verdone” è però anche un racconto agrodolce di tre fallimenti, tre esseri umani qualunque, in cui Verdone si connette al cinema muto, alla slapstick comedy e al grande cinema comico d’Oltreoceano. Susccesso sensazionale e un piede dentro la storia del nostro cinema. 

“Sono pazzo di Iris Blond” (1996)

Dopo “Viaggi di nozze”, Carlo Verdone richiama Claudia Gerini e in “Sono pazzo di Iris Blond” ci regala uno dei suoi film più amari ma anche profondi, un mix tra commedia e romcom di squisita fattura. Romeo Spera, ex promessa non mantenuta della musica italiana, completamente incapace di stare da solo e collezzionatore di storie sentimentali tremende, si imbatte casualmente in Iris (Claudia Gerini) in un bar a Bruxelles.

La ragazza, dal carattere forte e sfrontato, dotata di una voce incredibile, in breve diventa la sua Musa, fondano assieme un duo elettropop. Naturalmente le cose si complicheranno non poco e la bravura di Carlo Verdone (autore della sceneggiatura assieme a Francesca Marciano e Pasquale Plastino) è quella di farci affezionare a un personaggio che è un perdente sì, ma di buon cuore, capace ogni volta di rialzarsi, di ripartire e di difendere la propria dignità. 

La chimica tra la Gerini, sensuale, furba ma in fondo disperata, e questo Verdone così vulnerabile e umano, è irresistibile. Altro finale geniale e maturo, altro film in cui si parla della riscoperta dell’amore più grande: quello per sé stessi. “Sono pazzo di Iris Blond” rimane uno dei film più maturi, più complessi e anche malinconici di Carlo Verdone, che però trova sempre il modo di sorprenderci, di farci sorridere, di insegnarci qualcosa. 

“Compagni di scuola” (1988)

Uno dei migliori film generazionali della nostra storia. “Compagni di scuola” appartiene a un periodo particolare della nostra cinematografia, in cui il nostro cinema proponeva dubbi, paure e ragionamenti di una generazione, quella dei Baby Boomer, che sentiva di aver fallito o comunque di aver tradito sé stessa, di non sapere cosa fare della propria vita e come cambiarla. 

Se Gabriele Salvatores toccò vette assolute con la sua trilogia della fuga, Carlo Verdone, assieme a Piero De Bernardi, Leonardo Benvenuti e Rossella Contessi, creò la più personale delle sue sceneggiature, per guidarci in una spassosa, amara e malinconica rimpatriata tra ex compagni di Liceo. “Compagni di scuola” ha dalla sua un cast incredibile. Oltre a Carlo Verdone, troviamo Christian De Sica, Nancy Brilli, Massimo Ghini, Eleonora Giorgi, Alessandro Benvenuti, Maurizio Ferrini, Piero Natoli, Angelo Bernabucci e tanti altri, tutti perfetti nel donarci uno spaccato umano a dir poco desolante, ma anche tenero. 

Profondamente politico nel suo sottotesto con cui mette alla berlina l’ipocrisia, il bigottismo, l’anima piccolo borghese vile e maligna dei suoi protagonisti, è in realtà molto clemente coi suoi protagonisti. Chiaramente connesso al grande cinema americano del genere, su tutti “Il grande freddo” di Kasdan, è il film più particolare della carriera di Verdone. 

“Al lupo al lupo” (1992)

Forse sorprenderà qualcuno trovare “Al lupo al lupo” in questo elenco. Ma questo film, scritto da Carlo Verdone assieme a Filippo Ascione, Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi, è invece uno dei più profondi e meglio diretti della sua carriera. Tutto ruota attorno a Vanni (Sergio Rubini), Livia (Francesca Neri) e Gregorio (Carlo Verdone), che cercano di capire dove sia andato a cacciarsi il padre Paolo (Giampiero Bianchi), famoso scrittore.

Quel viaggio per tutti e tre significherà prendersi una pausa dalle loro vite, ma anche fare i conti con litigi, invidie, incomprensioni che li hanno portati ad allontanarsi. Con dialoghi scritti e interpretati in modo perfetto, un tono di satira di costume e sociale che però si fondono a un iter intimo sfaccettato, “Al lupo al lupo” è un film con cui Carlo Verdone decide di concentrarsi molto sulla psiche dei suoi protagonisti, sui loro sentimenti e rapporti. Si parla di famiglia, di paternità, ma senza retorica, senza edulcorarne la capacità di plasmarci anche contro la nostra volontà. 

Trattasi anche qui di un film profondamente personale per Carlo Verdone. Il che ci ricorda quanto questo attore e regista sia sempre stato capace di colpirci con la sua capacità di mettersi a nudo, e così facendo di parlarci anche di noi, delle nostre vite, di quanto siamo spesso privi di felicità e desiderosi di averla. 

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