Magic, caos e accordi finali: la bussola per orientarsi in Wicked – Parte 2

Tornare a Oz significa rientrare in un universo che, da vent’anni, continua a parlare di identità, amicizia e scelte difficili. Wicked – Parte 2, dal 19 novembre al cinema, porta avanti tutto ciò che è iniziato a Shiz e lo fa arrivare al momento più delicato della storia, quello in cui le scelte iniziano davvero a pesare.
Questa volta la magia c’è, ed è ovunque (nei colori, nella musica, nell’ampiezza delle scenografie) ma non basta a coprire il tumulto che attraversa Glinda ed Elphaba. Entrambe si trovano sospese tra ciò che erano e ciò che stanno diventando, costrette a fare i conti con decisioni che non possono più cambiare e con etichette che non hanno scelto loro.
È qui che il film trova la sua voce: nell’incontro tra lo spettacolo e il caos emotivo, tra l’incanto e il peso della verità. Il viaggio verso il finale non è un percorso lineare, ma un attraversamento, uno spazio in cui le due protagoniste cercano di capire cosa resta quando la fiaba si incrina e la realtà entra in scena.
Accanto ad Ariana Grande (Glinda) e Cynthia Erivo (Elphaba), Wicked – Parte 2 porta con sé un cast che amplifica la portata epica del finale: Jonathan Bailey nei panni di Fiyero, Michelle Yeoh come Madame Morrible e Jeff Goldblum nel ruolo del Mago di Oz. Figure che non stanno ai margini della storia, ma contribuiscono a spingere Glinda ed Elphaba verso la loro resa dei conti definitiva.
La magia come spettacolo e confessione
La prima coordinata è la magia, quella che ha sempre accompagnato Wicked e che qui cresce di scala. Il regista Jon M. Chu, che già nella Parte 1 aveva mescolato musical e spettacolo con grande cura dei dettagli, porta tutto a un livello superiore: scenografie più ampie, colori più intensi, movimenti di macchina più ambiziosi e un uso della musica che non serve solo a incantare, ma anche a far vibrare i conflitti interiori dei personaggi.
La canzone “No Place Like Home”, interpretata da Cynthia Erivo, è l’esempio perfetto. Si tratta di un brano nuovo, scritto appositamente per la versione cinematografica e assente nel musical originale di Broadway. Nasce proprio per dare voce al bisogno di appartenenza, alla ricerca di un luogo (o di una verità) in cui sentirsi finalmente interi. È uno dei momenti in cui la magia non è soltanto spettacolo, ma diventa un linguaggio emotivo che svela ciò che le protagoniste non riescono ancora a dire.
Il caos dietro la fiaba
Poi c’è il caos, ed è impossibile ignorarlo. Se la Parte 1 era costruita sulle scelte (scegliere chi essere, a chi credere, da che parte stare) la Parte 2 è il momento in cui quelle scelte tornano tutte insieme, a volte in modi che le protagoniste non possono più controllare. Jon M. Chu lo ha spiegato chiaramente in un’intervista a Entertainment Weekly: questo secondo capitolo è il punto in cui “il conto arriva”. E Glinda ed Elphaba lo sentono in pieno.
Non sono più le ragazze che si muovevano tra i corridoi di Shiz: non hanno più un ruolo da studentesse, né l’ingenuità che le proteggeva. Il mondo intorno a loro è diventato più grande, più duro, più complesso. E ciò che quel mondo pensa di loro pesa come non mai. Le etichette di “buona” e “cattiva”, che nel primo film sembravano quasi una semplificazione ironica, ora diventano una gabbia da cui è sempre più difficile uscire.
Elphaba deve fare i conti con una reputazione che non ha scelto, con il sospetto e la paura che la circondano. Glinda, al contrario, è costretta a interrogarsi sul privilegio e sulla responsabilità del suo ruolo: cosa significa essere un simbolo, e cosa si perde per diventarlo.
Sono temi che attraversano il film e lo rendono più adulto, più profondo, più umano. Perché il caos non è solo un elemento narrativo: è uno stato emotivo, un passaggio obbligato per capire davvero chi si vuole essere, anche quando il mondo ti dice che il tuo posto è già stato deciso.
Gli accordi finali di un’amicizia difficile
La terza direzione della bussola sono gli accordi finali, non solo musicali ma emotivi. Wicked – Parte 2 chiude un cerchio che il musical aveva lasciato aperto e lo fa seguendo le due protagoniste fino al punto in cui non possono più nascondersi da ciò che provano. È un finale che non arriva con un colpo di scena, ma con un lento avvicinarsi: un percorso in cui Glinda ed Elphaba trovano finalmente le parole (e ovviamente le note) per dirsi ciò che non erano riuscite a dire prima.
Jon M. Chu ha spiegato che entrambe stanno cercando una “casa”, ma non nel senso tradizionale. Non è un castello o una stanza, è un luogo interiore: uno spazio in cui potersi riconoscere senza giudizi, senza ruoli imposti, senza dover interpretare la parte della “buona” o della “cattiva”. Le canzoni diventano lo strumento principale di questa ricerca. I brani nuovi, scritti per la versione cinematografica, ampliano ciò che il musical non aveva potuto raccontare con la stessa profondità; quelli iconici ritornano con un peso diverso, più adulto, più consapevole.
Wicked – Parte 2 è un film che unisce spettacolo e sentimento, magia e inquietudine, pathos e melodia. È un racconto che parla di identità e libertà, di quella zona grigia in cui tutti ci muoviamo almeno una volta nella vita. E se serve una bussola per attraversarlo, basta seguire ciò che ha sempre reso questa storia così potente: la capacità di guardare oltre la fiaba, oltre la leggenda, e riconoscere che dietro una strega verde o una ragazza dorata c’è sempre un cuore che prova a trovare la sua strada.
Prima di entrare in sala: tre cose che ti aiuteranno a seguire Wicked – Parte 2
1. È un capitolo sulle conseguenze
Se la Parte 1 parlava di scelte, questa parla di ciò che quelle scelte hanno prodotto. Le protagoniste non sono più ragazze: devono fare i conti con ruoli, etichette e colpe che non sempre hanno scelto loro.
2. La musica dice la verità prima dei personaggi
Le nuove canzoni non sono semplici aggiunte: servono a mostrare ciò che Glinda ed Elphaba non riescono a dire ad alta voce. “No Place Like Home” e “For Good” non sono numeri musicali: sono confessioni.
3. “Casa” non è un luogo
È il tema più importante del film. Tutto ruota attorno a chi siamo, dove ci sentiamo visti davvero e cosa siamo disposti a lasciare andare per diventarlo.



