Quelle ultime telefonate di Vanoni: «Non sto bene, ho dolori ma in clinica mi cureranno»

«Non sto bene, un dolore a una vertebra, non so mi sento strana, ma andrò in una clinica di Pavia dove sono bravissimi, li conosco, mi metteranno a posto. Ora devo stare ferma, ho un dolore, sai come un coltello che ti trapassa la schiena»
Ogni tanto Ornella mi chiamava per un consiglio sui film da andare a vedere, era un’appassionata anche se lei, personalmente, ne aveva fatto poco: un peplum, anni fa, e uno di Tognazzi. Ma pochissimi giorni fa è squillato il telefono e sento che mi dice: «Non sto bene, un dolore a una vertebra, non so mi sento strana, ma andrò in una clinica di Pavia dove sono bravissimi, li conosco, mi metteranno a posto. Ora devo stare ferma, ho un dolore, sai come un coltello che ti trapassa la schiena. No, domenica non vado da Fazio, ci sono a settimane alterne, ci andrò domenica prossima».
Quella domenica non è mai venuta, è rimasta l’ultima sua apparizione quella con la corona di fiori del 2 novembre: ma lei era sempre spiritosa anche quando sembrava virare verso altro. Dentro di me avevo capito che non era la solita chiamata «cinematografica», ma in qualche modo mi chiamava credo perché io le ricordavo sempre il suo debutto in teatro, una commedia che lei aveva recitato benissimo, “L’idiota” di Achard e le avevo mandato foto del programma di sala («era stata una sfida che avevo vinto, anche con mio marito, l’impresario Lucio Ardenzi»), poi “La fidanzata del bersagliere” un’altra commedia al vecchio Odeon, poi il Rugantino di Garinei e Giovannini, con la tournée in America (bello, bellissimo, però tutte le sere “Roma non fa’ la stupida stasera…”) e con loro fece anche “Amori miei”, una carriera teatrale coi fiocchi.
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E e poi ci univa la memoria del Piccolo e di Strehler, quando l’ho visto nella galleria della sala di via Rovello sentivo e vedevo che era a casa sua. «Ho vissuto qui per alcuni anni, ho visto tutte le prove del maestro, posso raccontartele». E penso di essere l’unico che le ricordava ancora la sua prima apparizione sul palco di via Rovello, quando era appena uscita dalla scuola di recitazione, per cantare i motivi rivoluzionari dei “Giacobini”, un lunghissimo dramma di Federico Zardi sulla Rivoluzione Francese che Strehler aveva allestito nel 1956. «Avevo una paura che non puoi neanche immaginare, mi dovette spingere in scena, io occupavo i tempi dei cambi di scena che allora non erano veloci come oggi».
Giorgio mi diceva sempre: «Hai grande talento, ma troppo nervosa, troppo timore della scena». Si sbagliava, ma la paura l’aveva davvero, come ce l’hanno tutte le vere artiste di talento, una prova nel documentario su Falqui andato in onda recentemente, dove Ornella dà il suo meglio in “Studio Uno”, dove c’erano Mina, le Kessler, Walter Chari etc. Al telefono, quel giorno, tragica combinazione ero al supermercato e non potevo trattenermi, le dissi naturalmente che avrebbe anche questa volta risolto tutto e poi l’avrei richiamata per sapere come stava. «Ma tu scherzi? Non sai che sono stata tutta l’estate in ospedale per il cuore. Una bruttissima estate».
Ma poi, siccome era coraggiosa, vitale e aveva voglia di una vita normale, mi chiedeva dei film. «Dimmi com’è quello della Guerritore sulla Magnani, si era informata due volte» era molto curiosa, ma io non l’avevo ancora visto. Però le dissi: «Sai che c’è un film, “Il sentiero azzurro” che assomiglia molto a quello che girasti tu tanti anni fa con Tognazzi, “I viaggiatori della sera” dal libro di Simonetta». «Certo che me lo ricordo. Andrò a vederlo. Era una bella idea e non è cambiato molto il discorso sulla terza età». Poi le consigliai il film iraniano di Panahi ma capivo che al cinema ci sarebbe andata una volta sola «in genere vado all’Anteo che mi è comodo». Ma andava spesso a teatro, la si vedeva sempre al Parenti, era amica della Shammah ed anche amica di buoni spettacoli, era in prima fila per la “Maria Brasca”.
Però se si chiacchierava del passato, come era successo girando due anni fa un film documentario Rai su Strehler, lei non aveva dubbi: «Era un genio. L’unico. Quando ebbi altre storie diventava matto, mi telefonava cento volte al giorno. Solo che allora la mia relazione con lui fu uno scandalo anche se alla fine Giorgio scrisse una lettera a mio padre e lui gli rispose, per appianare un poco le cose». Beh, Ornella l’aveva omaggiato, anche nel libro autobiografico uscito da poco con La Nave di Teseo. Pochi anni fa, nel teatro intestato a Strehler, aveva tenuto un bellissimo concerto: aveva detto che era l’ultimo, ma si trattava di una idea di marketing, poi ne ha tenuti due agli Arcimboldi: «Ma non puoi sapere la stanchezza, credevo davvero di non farcela a finirli». Ma Ornella era una gran professionista, aveva finito tutto in quella grande carriera che l’ha vista protagonista non solo nella musica.
E poi era un talento dialettico personalissimo, per come sapeva raccontare le cose, che potevano essere tristissime ma subito poi anche brillantissime. Era un pezzo unico dello show business, amata da tutti, specie ora che Fazio l’ha fatta conoscere in una altra veste, un po’ come la vecchia signora che va in salotto a mettere insieme, con simpatia, pezzettini della sua vita: «Mi diverto molto e confesso che non mi costa una gran fatica. Penso e mi appunto, mentre raggiungo gli studi, cosa posso raccontare, e a quel programma sono molto grata perché quella è oggi la mia vera immagine”. Delle tante Ornelle passate nello spettacolo, a questa della domenica resteremo legati con tutto l’affetto che merita e tutta la tenerezza che provocava.
22 novembre 2025 ( modifica il 22 novembre 2025 | 08:11)
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