Napoli-Milan 2-0, luci d’Arabia per gli azzurri: Neres e Hojlund regalano la finale a Conte

Il genio di Neres, la qualità di Hojlund, la sagacia tattica di Conte, la leadership di McTominay e pure del ritrovato Lukaku. Che già in panchina sa fare la differenza. Tesori d’Oriente, quelli che il Napoli si ritrova sotto un albero di Natale che pareva avventato. La gita in Arabia Saudita continua ancora un po’, sicuro fino a lunedì quando ci si giocherà il trofeo più ambito di questo dicembre.
APPROFONDIMENTI
La Supercoppa è ancora lì, a un passo: nella testa gli orrori di tredici anni fa e gli errori dell’ultima volta nel 2023, nel cuore le speranze del prossimo 22 dicembre. Nello stesso giorno del 2014 la squadra di Benitez seppe portarsi a casa l’ultima Supercoppa Italiana nella bacheca napoletana. Ci si giocherà il titolo appena un giorno dopo i 2500 anni della città: insomma, in attesa di capire stasera quale sarà la sfidante, il regalo di compleanno che i tifosi hanno chiesto è scontato.
Le leggi del pallone
Non è una partita dal pronostico scontato e scontate alla fine non sono neppure le scelte dei due allenatori. Conte smuove le sue stesse acque: non cambia assetto, ma gli uomini sì, rilanciando Politano, spostando Elmas, inserendo Juan Jesus. Ma sono di Allegri le novità migliori, con fiducia a Estupinan e pure a Jashari. L’assenza di Modric dovrebbe essere un vantaggio per gli azzurri, ma in realtà l’impatto non è facile, tanto che il Milan ha una doppia occasione nel primo quarto d’ora che potrebbe indirizzare il match. Prima Loftus–Cheek e poi Saelemaekers sprecano. La squadra di Conte esce alla distanza ed è sempre Hojlund a chiamare la risalita dei suoi: il danese si intende a meraviglia con i due compagni di reparto, poi una azione confusionaria con Maignan a terra regala una occasione d’oro a Elmas, sprecata malissimo.
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Gli azzurri sono ibridi: attaccano con il 3-4-2-1, scalano con un più attento 5-4-1 quando si tratta di difendere. Non c’è troppa qualità in campo, ma tensione sì. E poi ci sono le leggi, quelle che il pallone conosce molto bene. Una di queste recita: gol sbagliato, gol subìto. E anche subito, arretrando l’accento. Succede allora che Nkunku spreca una ripartenza d’oro dopo la mezz’ora, aprendo le vie al vantaggio del Napoli con Neres. Il prezioso lavoro di Hojlund e un mezzo errore di Maignan aiutano la squadra di Conte. Che all’intervallo si ritrova faccia a faccia con il massimo risultato e (quasi) il minimo sforzo.
Scintille in panchina
Un’altra legge chiara è che il calcio dà e il calcio toglie. Quello che ha tolto a Hojlund nelle ultime due uscite gli è stato immediatamente restituito. L’errore di Udine è ancora negli occhi di tutti, lui prova a cancellarlo con una azione da attaccante vero: controllo orientato, corsa, lotta, bolide mancino e Maignan ancora battuto. Il Napoli non ci mette tanto a chiudere il conto nella ripresa e lo fa con un bomber in formato decisivo. Rasmus fa venire i mal di testa a tutti gli avversari, De Winter lascerà il campo pochi minuti dopo senza aver mai risolto il rebus del danese. La sfuriata del Milan era attesa, in realtà non arriverà mai: Allegri sembra perderla di mano immediatamente dopo il raddoppio e lo dimostrano anche i cambi: dentro Athekame e Fofana. Vero che ricambi offensivi non ce ne sono troppi, ma riportare in panchina Saelemaekers non sembra la scelta migliore.
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Conte ha addirittura la possibilità di gestire le energie: entrano Lucca e Lang, i due napoletani Mazzocchi e Vergara. Il tris manca solo perché McTominay spalla alle stelle l’ultima occasione della gara. Tra le due panchine la calma non c’è mai: scintille continue con Oriali e Allegri, poi con lo stesso Conte che perde la pazienza alla decisione dei 7 minuti di recupero finali. L’ultima osanna milanista arriva con l’ingresso di Modric: il croato, pallone d’oro nel 2018, si prende gli “olè” del pubblico arabo a ogni pallone toccato. Meritati, per carità, ma stridenti col resto. La fotografia di una serata che vede il Napoli in finale. C’è ancora tempo per le notti d’Oriente.




