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La memoria sospesa

Il governo spagnolo guidato da Pedro Sanchez ha dato il via al programma di eventi destinati a celebrare il ritorno della libertà nel paese, arrivata alla morte di Francisco Franco, il 20 novembre del 1975. Oltre 200 iniziative per festeggiare i 50 anni di libertà in una Spagna, che poi vedrà arrivare la democrazia, solo alla fine del 1978, con il varo della Costituzione. Ma in questi 50 anni dalla morte nel proprio letto, il fantasma del Caudillo continua ad agitare la politica e le famiglie delle vittime di rappresaglie e repressione. Malgrado l’introduzione della legge sulla Memoria Democratica, sostenuta dai governo socialisti, i conti con le ferite del passato sono ancora aperti. L’avanzata delle destre (tra Vox e PP) in alcune comunità autonome, bloccano il lavoro sulla memoria. Il silenzio cala sulle atrocità commesse dal regime, guidato da un generale che ha esercitato il potere dittatoriale fino alla fine, comprese le cinque condanne a morte firmate due mesi prima di morire. Il paese è disseminato da fosse comuni con migliaia di corpi di persone morte nella Guerra Civile o uccise nelle rappresaglie del regime. Sepolti anonimamente e mai identificati. Una sofferenza ancora viva per migliaia di famiglie, parenti delle vittime. A raccontarlo ai nostri microfoni Antonio Ayala e Mariluz Ferrero, dell’Associazione Montañas de Libertad di Barcellona. Ma nel paese è anche fondamentale l’impegno degli storici nella ricostruzione del passato sotto la dittatura come il lavoro Queralt Solé, professoressa di storia contemporanea dell’Università di Barcellona; di Xavier Menéndez i Pablo, direttore generale del Programma Memoria Democratica di Barcellona e di Jordi Oliva, in prima da trent’anni nelle indagini sulle fosse comuni in Catalogna.

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